Intervista a Atelier Remoto

Quanti anni avete?
Entrambe 28.

Quando vi siete laureati?
A giugno del 2015.

Rispetto alla vostra formazione, quanta distanza c’è tra il dire e il fare?
Nel nome del nostro progetto c’è forse la risposta: ogni lavoro è nato da lunghe chiacchiere, da letture condivise, da racconti e incontri. Molte idee sono rimaste pensieri, più o meno remoti, ancora da raggiungere e, per il momento, inafferrabili, mentre altre innescano un’azione, un movimento concreto di conoscenze e persone, insegnandoci così la complessità e la dedizione che “il fare” implica.

Lavorate in Italia o all’estero?
Tra l’Italia e la Svizzera.

Tre ragioni per cui vale la pena lavorare in Italia e tre ragioni per cui bisognerebbe gettare la spugna?
L’Italia rappresenta le nostre radici, la culla, luogo di riferimento e di partenza. Ora, dopo anni di esperienze all’estero, è anche il luogo a cui cerchiamo di tornare come architetti piene di dubbi e entusiasmi. Nel carattere ambiguo, problematico e fragile di questo paese vediamo enormi ostacoli ma anche grandi necessità e possibili, speriamo, sviluppi positivi.

Sogno nel cassetto?
Continuare a lavorare affinché Atelier Remoto possa crescere come un progetto creativo, dinamico e collettivo, in grado di coinvolgere un ampio gruppo di progettisti e maestranze.

Cosa vi ha ispirato del sito di progetto che avete scelto?
La scelta non è stata facile perché ognuno dei siti proposti racconta una storia interessante. La costruzione, il momento di massimo utilizzo, il conseguente abbandono (totale o parziale). Immaginare un futuro per questi spazi è una sfida importante per il nostro lavoro di progettiste. Dopo una lunga riflessione abbiamo deciso di concentrarci sui locali ex Pria: lo troviamo particolarmente interessante per la sua ubicazione, tra il torrente Cervo e la città, e la sua storia di tenace resistenza culturale perpetuata da Teatrando.

Un progetto che vi rappresenta?
Il progetto che abbiamo sviluppato per il concorso Mextropoli 2018, per un padiglione temporaneo a Città del Messico. Dopo il terremoto che ha colpito il Messico nel 2017, la nostra proposta ’Muro de muros’ reagisce alla catastrofe riflettendo sulla resilienza delle macerie.

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