Intervista a Orizzontale

Jacopo Ammendola, Juan Lopez Cano, Giuseppe Grant, Margherita Manfra, Nasrin Mohiti Asli, Roberto Pantaleoni, Stefano Ragazzo

Jacopo Ammendola, Juan Lopez Cano, Giuseppe Grant, Margherita Manfra, Nasrin Mohiti Asli, Roberto Pantaleoni, Stefano Ragazzo

Biella, 30 aprile 2015

 

Quale è stata l’evoluzione del vostro lavoro dopo il Premio Federico Maggia 2013?

La partecipazione al Premio Federico Maggia 2013 è una delle tappe che abbiamo percorso e continuiamo a percorrere nella nostra crescita artistica e professionale. È stata un’occasione interessante di approfondire un tema al quale siamo molto legati, il riutilizzo di spazi dismessi, in un contesto molto particolare e diverso da quelli in cui ci muoviamo abitualmente.

Quale è il lavoro più importante che avete realizzato e a cui siete più legati?

Il lavoro più importante in termini di visibilità è sicuramente “8 1/2”, un’architettura temporanea per lo spazio pubblico che abbiamo realizzato la scorsa estate al Museo MAXXI di Roma nel contesto dello Young Architects Program 2014, un bando per giovani architetti che il museo mette in forma ogni anno in collaborazione con il MOMA e altre istituzioni culturali nel mondo.
Gli ultimi due sono stati anni di grandi soddisfazioni e di crescita. Abbiamo disegnato e costruito gli spazi dell’incubatore e coworking Impact Hub a Firenze, un progetto che è stato per molti versi la prosecuzione del lavoro iniziato a Biella. La nostra ricerca sull’utilizzo temporaneo e low-cost di spazi residuali e in disuso ha seguito anche altri percorsi, portandoci a realizzare progetti nello spazio pubblico come Largo Milano, che abbiamo costruito la scorsa primavera durante un workshop a Cinisello Balsamo, nella periferia di Milano.

8 1/2

8 1/2

Quale pensiero vi ha guidato nella progettazione del lavoro che avete portato al Premio nel 2013?

La proposta per la trasformazione e il riutilizzo dello spazio del Lanificio Maurizio Sella si è mossa da una domanda molto semplice. Se ne avessimo la reale possibilità, come utilizzeremmo questo spazio per svolgere il nostro lavoro? Questa riflessione ci ha permesso di immedesimarci contemporaneamente sia nel ruolo di progettisti che di potenziali utenti e, partendo da materiali locali e con un budget molto vicino allo zero, abbiamo costruito un prototipo di laboratorio/studio perfettamente funzionante. “Habitat” aveva l’ambizione di non essere solo un’installazione, ma un vero e proprio progetto di architettura, una proposta concreta, per quanto un po’ provocatoria, per un diverso e nuovo utilizzo dello spazio. Si trattava di un invito ad andare oltre la riflessione e passare all’azione.

Cosa ha guidato la scelta dei temi e dei materiali con i quali avete elaborato il lavoro?

Per quanto riguarda il tema abbiamo adottato un approccio pragmatico alla domanda posta dal bando, per porre l’attenzione sul patrimonio rappresentato da spazi di questo tipo. Per realizzare il nostro prototipo abbiamo utilizzato materiali che hanno un forte legame con il territorio e la storia di Biella, quasi esclusivamente legno e lana di pecora, quest’ultima nella funzione di isolante termico per l’edilizia. Parte integrante della sperimentazione è consistita nel misurarci con questi materiali direttamente, costruendo il nostro prototipo interamente in situ con i pochi strumenti che avevamo a disposizione: una sega circolare, un paio di avvitatori, un trapano. Questo approccio diretto alla costruzione delle nostre architetture continua ad essere una cifra importante del nostro lavoro, anche se quando la scala delle realizzazioni cresce non è sempre possibile controllare tutto il processo!

Che impressioni vi hanno dato gli spazi industriali dismessi in cui avete lavorato?

Ci ha colpito la capacità evocativa delle strutture, la loro posizione rispetto al contesto, la presenza del torrente e della natura all’esterno. L’architettura nella quale e sulla quale abbiamo lavorato è molto diversa dalle strutture che si usano oggi per le attività produttive; è la testimonianza di un periodo in cui l’architettura industriale aveva un ruolo di rilievo nell’edilizia corrente, anche a causa della maggiore centralità della produzione nella società e nella vita urbana. L’antico lanificio sta a metà tra un capannone contemporaneo e una cattedrale romanica, uno spazio funzionale ma al tempo stesso altamente comunicativo e realizzato con una grande attenzione alla qualità architettonica.

Come avete vissuto il rapporto con gli altri partecipanti?

Conserviamo un bellissimo ricordo dei giorni passati gomito a gomito con gli altri partecipanti. Le installazioni prendevano lentamente forma e l’iniziale diffidenza che si instaura durante una competizione lasciava posto a rapporti di collaborazione e amicizia.

E con l’organizzazione?

Gli organizzatori sono persone fantastiche, sono stati più che disponibili e ci hanno accolto e aiutato in molti modi. Li ringrazio molto e spero di incontrarli di nuovo in futuro.

Cosa vorreste dire ai ragazzi che parteciperanno all’edizione 2015?

In bocca al lupo!

Il team Orizzontale
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