Quanti anni avete?
28 e 29.
Quando vi siete laureati?
Nel 2010.
Rispetto alla vostra formazione, quanta distanza c’è tra il dire e il fare?
Dipende. Il punto chiave è che la professione è profondamente cambiata. Noi abbiamo iniziato l’università disegnando a china, e l’abbiamo finita scrivendo codici. E non è solo una questione di strumenti, ci mancherebbe. Ma questi riflettono un cambiamento ben più esteso a logiche e processi contemporanei. Il pensiero critico che ci ha dato l’università italiana è fondamentale, ma non basta. Il vortice di difficoltà e opportunità in cui siamo immersi richiede una buona dose di flessibilità per evolvere continuamente.
Lavorate in Italia o all’estero?
Lavoriamo all’estero, per la precisione in Francia. Abbiamo anche qualche commessa in Italia; cerchiamo di mantenere e costruire delle relazioni forti con il nostro paese e con i territori da cui veniamo, Veneto ed Emilia Romagna.
Tre ragioni per cui vale la pena lavorare in Italia e tre ragioni per cui bisognerebbe gettare la spugna?
L’Italia era il paese degli Architetti.
L’Italia era il paese dell’Architettura.
L’Italia è il Paese in cui l’Architettura deve tornare protagonista.
Anche se le condizioni di lavoro non sono affatto facili, non si può gettare la spugna. È troppo importante il ruolo degli architetti per la rinascita culturale e sociale dell’Italia. E poi è il mestiere più bello.
Sogno nel cassetto?
Lavorare con un grande regista alla realizzazione di un film.
Impressioni sul sito di progetto e sui paesaggi industriali biellesi?
Non essendo mai stati a Biella prima e conoscendo poco il Piemonte, eravamo privi di aspettative. Ed è stata una piacevolissima sorpresa. Una città con forti tradizioni, identità ed eccellenze che danno vita ad un mix molto interessante. La crisi degli ultimi anni ha toccato anche questi territori, ma si intravedono direzioni possibili di rinascita e riattivazione, ci sono tutti gli ingredienti. Il lanificio Sella, oltre ad essere un magnifico edificio industriale, è un esempio in questo senso. Un patrimonio che appartiene alla città, e da cui bisogna ripartire.
Un progetto che vi rappresenta?
Il nostro progetto per il concorso a inviti per il Padiglione della Georgia alla Biennale d’Arte di Venezia 2015. Progetto e riflessione al confine tra molteplici discipline; rappresenta bene il nostro approccio transdisciplinare e collaborativo.