Alessandro Raffa / Michele Gerli
Alessandro Raffa (Carate B.za-MB, 1986) si laurea nel 2012 alla Facoltà di Architettura e Società di Milano dopo aver frequentato la Escuela Técnica Superior de Arquitectura di Siviglia. Partecipa a diversi workshop internazionali e nel 2013 consegue un master in Museografia, architettura e archeologia, progettazione strategica e gestione innovativa delle aree archeologiche, vincendo il primo premio al concorso tesi di master.
Michele Gerli (Perugia, 1986) dopo la laurea nel 2012 alla Facoltà di Architettura e Società di Milano frequenta diversi workshop e partecipa a concorsi internazionali.
Dal 2013 entrambi sono dottorandi in Progettazione architettonica, urbana e degli interni al Politecnico di Milano.
Trame del tempo
L’eco dei rumori delle lavorazioni tessili rimbomba nel silenzio degli spazi abbandonati. Energie immanenti emergono dalle ceneri di un’industria spenta, suggestioni ineffabili rievocano la memoria di una vita che oggi è assente. Le attuali condizioni socio economiche generano riusi incerti e azioni provvisorie, che dissimulano questa condizione di abbandono, nel tentativo di procrastinare un destino rovinoso ma inevitabile, in cui la natura torna ad appropriarsi degli spazi dell’industria. In questo contesto le rovine vengono riconosciute come potenti dispositivi mitopoietici, frammenti di storia indissolubilmente legati al proprio paesaggio. Ammettere la possibilità della rovina significa confrontarsi con l’azione irreversibile e imprevedibile del tempo. Proprio dalla rovina, scevra da un giudizio di valore negativo, intendiamo quindi ripartire per ristabilire una relazione tra passato, presente e futuro. Lo “studiolo”, spazio emblematico di una condizione residuale e metonimico per gli spazi in abbandono del lanificio Sella, diventa occasione per costruire una narrazione attraverso sguardi e parole che intessono le trame di un racconto molteplice, particolare ma generale, in cui l’uomo è chiamato a fare esperienza del tempo. Due innesti fissano la spazialità del luogo e permettono di osservare dall’esterno i segni del tempo che ciclicamente ha tentato di riconsegnare alla natura i lasciti del passato industriale. Simultaneamente la narrazione si apre all’operatività del concetto di rovina, protagonista di una metamorfosi spontanea in cui relazioni alternative innescano nuove prospettive. Non si tratta di un’assenza di decisione, ma di una decisione per l’assenza, temporanea, in cui l’architettura non impone delle soluzioni, ma governa il cambiamento.